sabato 27 novembre 2010

Il Grillo Parlante - The Talking Cricket





Luogo: American Donuts, via Sirtori (nei pressi di Porta Venezia/ Piazza Oberdan), localino  “American Style” e luogo di ritrovo delle più svariate personalità. Tra di esse ieri c'era questo ragazzo: mingherlino, con una t-shirt slavata dalle maniche arrotolate, gay fino al midollo, che, inaspettatamente, tra una patatina (fritta) e l'altra tira fuori questa perla: "Vedi, dove lavoro io (azienda imprecisata -ergo non sono riuscita a origliare sentire- nell'ambito della moda) le donne sono tutte uguali: vestono tutte allo stesso modo, vanno tutte nelle stesse palestre, mangiano tutte le stesse cose e vanno tutte in vacanza negli stessi posti; dove sta allora, mi chiedo io, la creatività?". A seguito di questa massima si crea un acceso dibattito tra i membri del suo tavolo. Nel frattempo, la mia amica torna dal bagno e, guardandomi, capisce che mi stavo beatamente facendo i fatti altrui. Comunque, ormai interrotta la mia opera di intercettazione, riprendo il mio "American Lunch" e mi immergo nuovamente nelle (pazze) conversazioni con la mia sopracitata amica.
Tuttavia, tornata a casa, l'affermazione di quell'estroso grillo parlante mi è rimasta nella testa e così mi metto (ahimé, anzi, ahivoi) a ragionarvici su. Ha perfettamente, dannatamente ragione. Questa dilagante standardizzazione degli usi e costumi è quanto di più nocivo (guerre, pestilenze e calamità naturali a parte) possa capitare all'interno di una comunità culturale. Citava Orwell in "1984" (un libro EPICO, che dovrebbe essere a mio parere disposto come libro di testo nelle scuole), elencando due delle (tre) massime del Partito: "La schiavitù è libertà. L'ignoranza è forza." Niente di più vero. Ora vi starete chiedendo che cosa due proposizioni così forti abbiano a che fare con il discorso del ragazzo di ieri; provo a spiegarmi, partendo dal primo enunciato "la schiavitù è libertà": nel momento in cui una persona mira al potere (sempre citando Orwell: "Il potere non è un mezzo, è un fine"), essa deve sempre di più sottostare a determinate regole non scritte, poiché "ci si aspetta" che viva in un "certo" modo. Ora, applicando questo discorso nell'ambito del quotidiano (leggasi: al lavoro o, per quanto mi riguarda maggiormente, in università) è relativamente comprensibile capire il perché ci siano sempre più individui (o presunti tali) che, mossi dalla volontà di essere tra le persone "di un certo livello" (e quindi mirare "al potere", anche solo limitatamente al campo in cui stanno operando), si comportano, vestono ed atteggiano tutti allo stesso modo, seguendo dettami "non scritti". Questo modo di vivere rappresenta, secondo me, quanto di più limitante e controllabile possa esistere all'interno di una società (pseudo)sviluppata. E qui arriva la seconda parte della citazione di Orwell: "l'ignoranza è forza"; già nel 1948 (anno di stesura del romanzo) l'autore aveva compreso come, limitando la libertà della persona (attraverso, in questo caso, quelle “regole non scritte” che ho accennato poc’anzi), si limita anche la capacità della persona stessa di agire con la propria testa: essa, nonostante la posizione di rilievo che occupa all'interno del proprio ambiente, non può esercitare il proprio intelletto (o la propria creatività, anche se, in sostanza, una non può esservi senza l’altra) "oltre un certo limite", poiché, oltrepassando una particolare soglia, ha la possibilità di mettere a rischio la tanto voluta posizione socio/economica, mentre invece, rimanendo in una, seppur sopportabile, "ignoranza" (aka mediocrità) non corre questo pericolo e può facilmente rimanere nella propria "zona sicura".
Mi sembra abbastanza inutile dire che, a mio parere, indirizzando tutto questo discorso al campo della moda, ciò che ne consegue non è altro che uno svilimento della natura e dell'intelligenza umana da entrambe le parti (ossia dalla parte di chi "crea" e di chi compra): persone che vestono allo stesso modo iniziano a creare per persone che vestiranno in maniera altrettanto simile. Si tratta “naturalmente” di un circolo vizioso che, a lungo andare, non farà altro che impoverire l'arte di Fare Moda e creare Bellezza, perché, ricordiamolo, i giovani di oggi saranno i “creatori” di domani.
Nonostante però il fatto di vedere con i miei occhi praticamente tutti i giorni in università questa ostinata volontà di apparire (ed essere?) tutti uguali, c'è un fatto che mi risolleva il morale, ossia la presenza di persone che riescono ad avere quella che viene chiamata Personalità e sono in grado di scegliere per sé stessi e di esprimersi nei modi più diversi e personali; anche, e non in ultimo, attraverso l'abbigliamento.
Ho l’impressione che, dopo tutta questa riflessione nata dalle sue brillanti parole, se lo rivedrò, dovrò offrire (almeno) un caffè al mio (prezioso) grillo parlante.
E voi, o miei (esistenti?) lettori, che cosa ne pensate?


Vi auguro uno splendido sabato pomeriggio! :)

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